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Collana «Ocra gialla»
volumetto n° 55



Emanuel  Carnevali, Corteo di personaggi a Villa Rubazziana
Traduzione e cura di Francesco Cappellini
 pag. 36, ISBN 978-88-6226-060-2

Euro 4,00
IN SINTESI

 

Una prosa memoriale inedita in Italia del giovane poeta che in otto anni di vita da bohémien a New York e Chicago (scrivendo sempre nell’inglese appreso leggendo di notte le insegne luminose nelle strade che spazzava) impresse un timbro indelebile nel modernismo americano e anticipò di oltre trent’anni gli stilemi della ‘beat generation’. 


UN ASSAGGIO

«Divenni allora l’amante di sua sorella, ma in cuor mio avevo un’adorazione per lei. Lei non mi amò, mai; così sarà sorpresa di sentire ora questa storia. Sarà sorpresa e forse arrabbiata e dichiarerà che quanto ho scritto è assolutamente falso. Ma io so che quella piccola verità che il mio pugno chiuso di uomo malato può lasciarsi scappare, sta in questo scritto.»







L’AUTORE

 

Manuel Carnevali nasce a Firenze il 4 dicembre 1897, da Tullio e Matilde Piano, dopo che i suoi genitori si sono già separati. Emanuel (come più tardi si farà chiamare), rimane con la madre, la zia, e i due figli di questa. La morte del nonno materno determina un difficile periodo di povertà e spostamenti: Pistoia (1901), Biella (1905), Cossato (1906). Nel 1907 la madre, morfinomane, muore di tetano. Nel 1909 il padre, commissario prefettizio a Bazzano (Bologna), si risposa. Nel 1911-’12 Emanuel frequenta il prestigioso Collegio Foscarini di Venezia, ma viene rispedito al padre forse per una sua amicizia intima con un compagno. A seguito dell’ennesima frattura dei rapporti col genitore, nel marzo ’14, a soli diciassette anni, s’imbarca per New York dove farà i mestieri più umili e imparerà l’inglese leggendo di notte le insegne luminose nelle strade che spazza. Inizia a pubblicare poesie e a frequentare gli ambienti intellettuali che in quegli anni determinano la svolta ‘modernista’ nella letteratura americana: Waldo Frank, Carl Sandburg, Ernest Walsh e Williams Carlos Williams. È soprannominato il ‘black poet’, per il suo carattere ribelle, oscuro, indipendente, spesso impossibile. Nel ’17 si sposa ma dopo due anni lascia la moglie. Gli eccessi della sua vita da bohémiene una malattia terribile, l’encefalite letargica, causano il suo rimpatrio, nel ’22. Il resto della sua vita trascorre tra cliniche e ospedali, visitato e spesso sostenuto economicamente da artisti quali Ezra Pound, Robert McAlmon, e Kay Boyle (che ne riporta il ricordo di un uomo «meraviglioso, completamente tremante, come una farfalla fissata con gli spilli»). Muore in un ospedale di Bologna, l’11 gennaio 1942, strozzato da un boccone di pane.

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