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Collana «I quaderni di via del Vento»
volumetto n°59





Albert Camus, "La commedia dei filosofi"
traduzione e cura di Antonio Castronuovo
, pag. 32, ISBN 978-88-6226-040-4

Euro 4,00

IN SINTESI

Una breve pièce teatrale inedita in Italia del premio nobel. Con uno stile volutamente molièriano, Camus ironizza causticamente sul mondo esistenzialista e ideologizzante egemone nella cultura francese del secondo dopoguerra.



UN ASSAGGIO

«NULLA — Mi chiamo signor Nulla; il mio nome è assai noto a Parigi.
VIGNA — Ecco un nome davvero rispettabile, mi creda. Signor Nulla, sono al vostro servizio.
NULLA — Non sono capace di parlare in modo calzante, avendo dedicato la vita alle cose dello spirito e non sapendo far niente con le mani. Ma da qualche tempo, per pura vocazione, ho voluto scegliere una professione. E sono diventato piazzista di una nuova dottrina».









L'AUTORE

Albert Camus nasce in Algeria, a Mondavi, oggi Deraan, il 7 novembre 1913 in una famiglia francese povera che, alla morte del padre, si trasferisce ad Algeri. Qui vive a contatto con la realtà umana degli arabi e dei francesi pied noir. Di studi brillanti, ottiene una borsa di studio per l’università dove, pur avendo contratto la tubercolosi, riesce a laurearsi in filosofia nel 1936. La passione politica lo fa iscrivere al partito comunista, presto lasciato per divergenza d’idee. Per sostenersi fa i più diversi lavori, approdando infine al giornalismo. Esordisce nel 1937 con le prose liriche Il rovescio e il diritto; appassionato di teatro fonda una compagnia d’ispirazione marxista per la quale scrive il dramma Rivolta nelle Asturie (1935), la cui rappresentazione viene vietata. Del 1938 è l’opera teatrale Caligola, del 1939 i saggi raccolti in Nozze. Nel 1942 pubblica Il mito di Sisifo, massima espressione del suo pensiero sull’assurdità dell’esistere, e il romanzo Lo straniero, uno dei capolavori della letteratura del Novecento. Si trasferisce a Parigi, dove è segretario di redazione al "Paris-Soir" ed entra nella cellula partigiana Combat, scrivendo per l’omonimo giornale clandestino. La sua posizione politica si attesta fuori da ogni ideologia, a favore dell’unità delle genti. Nel 1946 è negli Stati Uniti per alcune conferenze; al rientro a Parigi conclude La peste (1947) e poco dopo il famoso saggio filosofico L’uomo in rivolta (1948, edito nel 1951), che solleva molte polemiche e segna la frattura ideologica con Sartre. Seguono I giusti (1950), L’estate (1954), La caduta (1956) e L’esilio e il regno (1957). Nel 1957 gli viene assegnato il Premio Nobel per la letteratura: a Stoccolma pronuncia i famosi Discorsi di Svezia. Col premio acquistò una casa in Provenza: è al rientro da lì a Parigi che il 4 gennaio 1960, in automobile col suo editore Michel Gallimard, muore in un grave incidente. Postumi hanno visto la luce I taccuini e i due romanzi incompiuti La morte felice e Il primo uomo.

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