Nata a Kiev nel 1903 da famiglia della ricca borghesia ebraica (il padre era un potente banchiere), Irène Némirovsky visse solitaria e infelice: il padre era sempre impegnato, la madre donna egocentrica che non le donò mai un sorriso. Questa condizione fece sbocciare la scrittrice: rifugiatasi nei libri cominciò presto a scrivere i primi racconti, fin dall’inizio col suo peculiare stile lucido e introspettivo. Allo scoppio della Rivoluzione d’Ottobre fuggì con la famiglia in Finlandia e si rifugiò infine in Francia. Trascorse a Parigi vent’anni colmi di successo: laureatasi alla Sorbona, pubblicò il suo primo testo nel 1921 su «Fantasio»; nel 1926 sposò Michel Epstein, da cui ebbe due figlie. Nel 1929 l’editore Grasset pubblicò con grande successo David Golder, storia di un banchiere ebreo nella Russia sovietica. Da quel momento fu una cascata di romanzi e racconti, che hanno fatto annoverare la Némirovsky fra i massimi autori francesi dell’epoca.
Emanate nel 1940, le leggi contro i “fuoriusciti di razza ebraica” colpirono anche lei: nel 1942 iniziarono le deportazioni degli ebrei nei campi di sterminio e lei fu tra questi. Arrestata a Issy-l’Êvêque il 13 luglio, morì ad Auschwitz il 17 agosto, non è certo se a causa di tifo o se uccisa in una camera a gas. Oltre a David Golder, molte sue opere sono già state tradotte in Italia: Il ballo (del 1930), Come le mosche d’autunno (1931), Jézabel (1936), I cani e i lupi (1940), e soprattutto Suite francese che, scritta nei mesi precedenti l’arresto e conservata per anni in manoscritto da una figlia, è stata pubblicata con clamore in tutta Europa.
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